Mi piace perdermi tra le parole, è un perdermi senza paura, avanzare come in una giungla, ad esplorare un ordine di un altro o un disordine, un meccanismo, un ragionamento creativo, una fantasia, la metafora, la prospettiva diversa, un finale imprevisto, una piega non immaginata.
Tra le parole di altri riconosco le mie, o intravedo mondi diversi e strade nuove.
Con i libri, e con le persone.
Alla scoperta e riscoperta di cose impolverate, di roba accantonata e lasciata lì, di regali mai usati.
Di paesaggi affollati o disabitati.
Le parole sono cuscini o sono spade, sassi, vetri rotti.
Le parole vanno accumulate e semplificate, depositate e messe in forma, le parole esprimono espandono includono respiri timbri silenzi e accelerazioni.
Le parole vanno scelte ed incontrate, ma spesso ci cadono addosso come cascate infinite, come un bisogno nostro imprevisto e sconosciuto o come bisogno di altri che sentono dentro impellente la spinta a parlare parlare, dire, sfogarsi, spiegare, capirsi, far sapere, far uscire quelle parole.
Le parole hanno bisogno di spazio e di ascolto ad accoglierle, disponibilità all'intreccio di quella giungla o distesa di deserto o mare senza paure di perdersi o urgenza di tornare, di riconoscere l'esistenza di un luogo altro anche se è diverso da quello in cui vivi tu.
Quando depositiamo le nostre parole in un luogo senza ascolto non andiamo da nessuna parte.
Quando lasciamo scorrere le parole su una persona qualunque, solo perché passa di là, stiamo facendo uno spreco di parole e di chi parla e chi è obbligato ad ascoltare.
Un soliloquio vaniloquio che ci lascia soli ed atterriti, più di prima.
Incapaci di comprendere da una parte o dall'altra il perché di quella cascata senza sosta, e perché proprio su di me che già mi piove dentro e non trovo riparo.
Nella complessità e nel poco tempo di oggi rivolgersi ad un professionista dell'ascolto vuol dire comprendere e rispettare il proprio bisogno e rispettare l'altro.
Senza imporsi non invitati o non benvenuti, o semplicemente imprevisti.
Senza accorgersi si sta chiedendo il braccio a chi quel braccio non lo può dare o non lo vuole dare, perché annegherebbe a sua volta.
Senza lasciarsi interpretare, consigliare, svalutare, parlarsi addosso.
Senza sentirsi negare paragonare giudicare.
Senza preoccuparsi di prendere tutto il tempo e di volerne ancora.
Dedicandosi un tempo e uno spazio chiaro esclusivamente per il proprio ascolto, concordato, assicurato.
Ripetibile.
Lasciare che il tumulto della cascata si trasformi in ruscello e possa perdersi tra i sassi, consentire all'acqua di scorrere e trovare una forma ad accoglierla, fermarsi e ripartire a creare la propria forma.
Paola Bonavolontà
Tra le parole di altri riconosco le mie, o intravedo mondi diversi e strade nuove.
Con i libri, e con le persone.
Alla scoperta e riscoperta di cose impolverate, di roba accantonata e lasciata lì, di regali mai usati.
Di paesaggi affollati o disabitati.
Le parole sono cuscini o sono spade, sassi, vetri rotti.
Le parole vanno accumulate e semplificate, depositate e messe in forma, le parole esprimono espandono includono respiri timbri silenzi e accelerazioni.
Le parole vanno scelte ed incontrate, ma spesso ci cadono addosso come cascate infinite, come un bisogno nostro imprevisto e sconosciuto o come bisogno di altri che sentono dentro impellente la spinta a parlare parlare, dire, sfogarsi, spiegare, capirsi, far sapere, far uscire quelle parole.
Le parole hanno bisogno di spazio e di ascolto ad accoglierle, disponibilità all'intreccio di quella giungla o distesa di deserto o mare senza paure di perdersi o urgenza di tornare, di riconoscere l'esistenza di un luogo altro anche se è diverso da quello in cui vivi tu.
Quando depositiamo le nostre parole in un luogo senza ascolto non andiamo da nessuna parte.
Quando lasciamo scorrere le parole su una persona qualunque, solo perché passa di là, stiamo facendo uno spreco di parole e di chi parla e chi è obbligato ad ascoltare.
Un soliloquio vaniloquio che ci lascia soli ed atterriti, più di prima.
Incapaci di comprendere da una parte o dall'altra il perché di quella cascata senza sosta, e perché proprio su di me che già mi piove dentro e non trovo riparo.
Nella complessità e nel poco tempo di oggi rivolgersi ad un professionista dell'ascolto vuol dire comprendere e rispettare il proprio bisogno e rispettare l'altro.
Senza imporsi non invitati o non benvenuti, o semplicemente imprevisti.
Senza accorgersi si sta chiedendo il braccio a chi quel braccio non lo può dare o non lo vuole dare, perché annegherebbe a sua volta.
Senza lasciarsi interpretare, consigliare, svalutare, parlarsi addosso.
Senza sentirsi negare paragonare giudicare.
Senza preoccuparsi di prendere tutto il tempo e di volerne ancora.
Dedicandosi un tempo e uno spazio chiaro esclusivamente per il proprio ascolto, concordato, assicurato.
Ripetibile.
Lasciare che il tumulto della cascata si trasformi in ruscello e possa perdersi tra i sassi, consentire all'acqua di scorrere e trovare una forma ad accoglierla, fermarsi e ripartire a creare la propria forma.
Paola Bonavolontà
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