Scoprirsi gay dopo gli anta
Scoprirsi, o riscoprirsi, accettarsi, riconoscersi.
Un percorso ad ostacoli, reso arduo, duro, doloroso e difficile dai giudizi della gente, ma anche dai giudizi interni, da quelli con cui siamo stati cresciuti, che son diventati parte di noi stessi.
Non può essere, non voglio, non può essere, voglio una famiglia "normale".
(qual è la famiglia normale, e soprattutto dove vive? da quanti millenni si è estinta, se mai è esistita?)
Ci sono persone che l'hanno sempre saputo ed accettato. Genitori e figli.
Fratelli.
C'é invece chi continua a nascondere, a difendersi, a lottare contro una realtà interiore.
Che non è possibile mettere in silenzio, senza poi ritrovarsi un giorno a sentirla urlare e non volersi fermare.
La vita è breve, non sappiamo quanto. Anche se durasse più di cento anni, sarebbe breve lo stesso e sconfinatamente lunga passata ad amare chi non amiamo, a sprecare due vite, a ingannarsi, a coprirsi un segreto così.
Come se fosse qualcosa di brutto, gretto, sporco, di cui vergognarsi, di cui parlare a bassa voce, o con parole volgari, violente, dannose, aggressive, piene di fiele.
Ma il giorno arriva, e il conto ti si presenta.
Magari hai provato anche la strada del matrimonio, ma già è difficile quando scelto con amore immenso e convinzione, immaginiamo cosa succede quando deve "impedire", "evitare" qualcos'altro, come se ancora fosse un "disonore".
Disonorare la propria vita è invece nascondere una parte così determinante di se, che include il sesso, il gusto, il desiderio, le carezze e le condivisioni.
Il dormire e lo svegliarsi e il mostrarsi alla luce del giorno.
Disonorare é sprecare la propria vita a baciare qualcuno che non si ama, di qualunque sesso sia.
Il fatto è che qualcuno lo ha considerata una "malattia" e lo ha scritto anche in un manuale di Disturbi Mentali (il DSM) e questo orrore ci è rimasto a lungo, a pesare e a far sentire sbagliati, malati tante persone, lasciati soli a confrontarsi con un pesante giudizio con cui li si etichettava.
Solo nel 74 si corregge- solo in parte- l'etichetta, continuando a considerare malattia l'omosessualità egodistonica, cioè la persona che non accettava la propria omosessualità . (Mi chiedo come da soli si può accettare qualcosa che è così pesantemente criticato, violentemente osteggiato e storicamente represso dalla società intera, che ti vive intorno.)
(nel 97, con il DSM-III-R anche la forma egodistonica dell’omosessualità viene definitivamente cancellata dall’elenco dei disturbi mentali.)
Dunque comprendo anche ora persone che, nonostante si stiano confrontando con la novità di sentirsi e potersi sentire, iniziare a viversi come omosessuali, non vogliono comunque rivolgersi ad un professionista, perché non vogliono sentirsi malati.
Non lo sono, come non lo erano prima del 97 o del 74.
Continua però ad essere un cambiamento così determinante, sorprendente, anche gioioso, un cambio di vista del mondo in cui si è vissuto, uno spavento, un emozione, una commozione, una possibilità che finalmente può prendere forma, sostanza, farsi carne.
Anche un piccolo percorso di counseling può aiutare a confrontarsi con la novità e viverla meglio, abbracciarla, senza più rifiutarla.
Come possiamo rifiutare noi stessi, noi stesse?
Lo fanno già gli altri. E' nostro dovere amarci per come siamo.
Comprendere, dentro, che non si sta rubando, commettendo reato.
Il reato vero è sprecare la propria vita nascondendo la gioia di essere ciò che si è.
Per il tempo che sarà . Senza ingannare altri e senza ingannare noi stessi.
Scoprirsi, o riscoprirsi, accettarsi, riconoscersi.
Un percorso ad ostacoli, reso arduo, duro, doloroso e difficile dai giudizi della gente, ma anche dai giudizi interni, da quelli con cui siamo stati cresciuti, che son diventati parte di noi stessi.
Non può essere, non voglio, non può essere, voglio una famiglia "normale".
(qual è la famiglia normale, e soprattutto dove vive? da quanti millenni si è estinta, se mai è esistita?)
Ci sono persone che l'hanno sempre saputo ed accettato. Genitori e figli.
Fratelli.
C'é invece chi continua a nascondere, a difendersi, a lottare contro una realtà interiore.
Che non è possibile mettere in silenzio, senza poi ritrovarsi un giorno a sentirla urlare e non volersi fermare.
La vita è breve, non sappiamo quanto. Anche se durasse più di cento anni, sarebbe breve lo stesso e sconfinatamente lunga passata ad amare chi non amiamo, a sprecare due vite, a ingannarsi, a coprirsi un segreto così.
Come se fosse qualcosa di brutto, gretto, sporco, di cui vergognarsi, di cui parlare a bassa voce, o con parole volgari, violente, dannose, aggressive, piene di fiele.
Ma il giorno arriva, e il conto ti si presenta.
Magari hai provato anche la strada del matrimonio, ma già è difficile quando scelto con amore immenso e convinzione, immaginiamo cosa succede quando deve "impedire", "evitare" qualcos'altro, come se ancora fosse un "disonore".
Disonorare la propria vita è invece nascondere una parte così determinante di se, che include il sesso, il gusto, il desiderio, le carezze e le condivisioni.
Il dormire e lo svegliarsi e il mostrarsi alla luce del giorno.
Disonorare é sprecare la propria vita a baciare qualcuno che non si ama, di qualunque sesso sia.
Il fatto è che qualcuno lo ha considerata una "malattia" e lo ha scritto anche in un manuale di Disturbi Mentali (il DSM) e questo orrore ci è rimasto a lungo, a pesare e a far sentire sbagliati, malati tante persone, lasciati soli a confrontarsi con un pesante giudizio con cui li si etichettava.
Solo nel 74 si corregge- solo in parte- l'etichetta, continuando a considerare malattia l'omosessualità egodistonica, cioè la persona che non accettava la propria omosessualità . (Mi chiedo come da soli si può accettare qualcosa che è così pesantemente criticato, violentemente osteggiato e storicamente represso dalla società intera, che ti vive intorno.)
(nel 97, con il DSM-III-R anche la forma egodistonica dell’omosessualità viene definitivamente cancellata dall’elenco dei disturbi mentali.)
Dunque comprendo anche ora persone che, nonostante si stiano confrontando con la novità di sentirsi e potersi sentire, iniziare a viversi come omosessuali, non vogliono comunque rivolgersi ad un professionista, perché non vogliono sentirsi malati.
Non lo sono, come non lo erano prima del 97 o del 74.
Continua però ad essere un cambiamento così determinante, sorprendente, anche gioioso, un cambio di vista del mondo in cui si è vissuto, uno spavento, un emozione, una commozione, una possibilità che finalmente può prendere forma, sostanza, farsi carne.
Anche un piccolo percorso di counseling può aiutare a confrontarsi con la novità e viverla meglio, abbracciarla, senza più rifiutarla.
Come possiamo rifiutare noi stessi, noi stesse?
Lo fanno già gli altri. E' nostro dovere amarci per come siamo.
Comprendere, dentro, che non si sta rubando, commettendo reato.
Il reato vero è sprecare la propria vita nascondendo la gioia di essere ciò che si è.
Per il tempo che sarà . Senza ingannare altri e senza ingannare noi stessi.
dopo gli anta.
RispondiEliminaper me erano 44, alle spalle un matrimonio e un figlio.
è stato difficilissimo all'inizio, mi rifiutavo ed avevo smesso di mangiare.
poi mi hai detto "secondo me tu sei così, e io non ci vedo niente di male" ....e quel "io non ci vedo niente di male" è stata una porta che si è aperta. se non ci vedevi niente di male tu, forse potevo provarci anch'io.
e ora, a distanza di quasi 5 anni, sono felice come non lo sono mai stata.
non tutti riescono ad accettare immediatamente. l'aiuto di un professionista, soprattutto con la capacità di accoglienza che hai tu, è fondamentale.
per me lo è stato.
Per me, uomo, a 44 anni. Ho amato, e amo, un uomo come non mi era mai capitato di amare nessuno così. Crisi totale, sposato da 15 e con un figlio di 8. Ho perso 30 chili ai limiti dell'anoressia, non sapevo cosa fare e con chi parlare...... La mia famiglia omofoba. Il mio unico pensiero , il mio bambino, che dormiva nel mio pigiama, ho fatto il mammo dalla sua nascita. Periodo buio della mia vita ma con una porta socchiusa verso la felicità .... toccava solo a me spalancarla. Dopo circa sei mesi ho fatto outing prima con la mia famiglia, che speravo mi sostenesse, e successivamente con la moglie......TRAGEDIA!!!! Ancora oggi a distanza di 4 anni le cose con loro non sono cambiate....... ma io sono Felice e la mia felicità la condivido con il mio bambino che nel frattempo ha compiuto 12 anni è considera la Nostra una Famiglia.
EliminaGrazie per aver condiviso qui la tua storia.
EliminaLo ritengo un regalo prezioso.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Eliminami commuove quello che dici. quello che ricordi.
RispondiEliminapensa che non ricordo di averlo detto.
ricordo solo una lettera e un racconto (scritto come sai fare tu)c
bacioabbraccio
ricordi bene.
RispondiEliminainfatti lo hai scritto.
quello che hai detto è "vedi? non c'è da avere paura di questa cosa: basta conoscerla"
bacioabbraccio a te ;-)
Non lo so sono decisamente confuso! Io a 43 anni mi sono scoperto innamorato di un altro uomo … con lui sto decisamente bene, ma sono terrorizzato dalle reazioni che la mia famiglia potrebbe avere, ho paura che il contesto sociale in cui vivo e le relazioni che ho tessuto fino ad ora non siano pronte ad accettare questa svolta tardiva. Mio malgrado mi vedo costretto a vivere in un cono d’ombra di cui farei veramente a meno.
RispondiEliminaPosso comprendere la confusione e la paura di parlarne. Forse potresti cominciare gradualmente contattando un gruppo di mutuo auto aiuto nella tua zona per ascoltare altre testimonianze e raccontare come ti senti in un ambiente protetto.
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