
No.
Non lo è stato, e quello che è venuto fuori mi ha tenuta sveglia la notte, a riflettere, a trovare il senso di quello a cui ho testimoniato.
Facciamo una gran fatica a riconoscere i nostri desideri. Facciamo resistenza contro noi stessi.
Contro il fatto che ci siano linee guida, che nell'ambiente esistano dei piccoli segni a cui aggrapparsi per continuare e trovare la propria forma.
Se non ci fossero, ci lamenteremmo che non ci sono neanche pochi segni a cui aggrapparsi.
Quando possiamo decidere, lamentiamo di avere troppa scelta.
Che è la scelta che "ci mette ansia", rifiutando la nostra responsabilità di essere ansiosi e non provarci neanche a lasciarla andare per prendere semplicemente una matita e colorare.
Perché un laboratorio è una metafora, ma c'è chi rinuncia a agire, provare, e si impalla anche nel mezzo di una metafora colorata.
Quando ci sono solo due polarità, diciamo che è troppo rigido dover scegliere tra A o B, quando si va da A a B, anche descrivere solo il conosciuto fa fatica, e rifiuto.
E' della nostra vita che parliamo. Dei nostri progetti, a tre mesi, 12 o anche di più.
Dovremo poterci divertire, o esserne entusiasmati. Ed invece, c'è qualcosa che ci terrorizza.
E' il tempo.
Ma il tempo passa comunque, anche senza impegno, anche senza disegno.
Da qualche parte arriveremo, sia che le vele le abbiamo spiegate al vento, sia che cerchiamo di spiegare noi al vento di andare come vorremmo noi.
La verità credo che mi è arrivata forte ieri è che lavorare sui propositi abbia una faccia nascosta, quella della nostra finitudine.
E dinanzi a quella c'è chi riempie il tempo come si augura di poterlo avere e chi resta nella rete, impotente, a dimenarsi arrabbiato.
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