Questa sarebbe "la" domanda da porsi ogni sera prima di andare a dormire, invece di affermazioni che abbattono solo il nostro umore e la nostra autostima come "avrei dovuto invece", "ho sbagliato a".
Sabato scorso insieme a un gruppo di coraggiose e un solo uomo, conduttore insieme a me, abbiamo affrontato un tema impegnativo ed ingombrante: le Paure.
Quelle che agli altri sembrano piccole, quelle che sono grandi e non hanno soluzione, quelle insistenti e inesistenti.
Abbiamo imparato che la condivisione alleggerisce l'animo, ci fa sentire più uguali e meno soli, il condividere ci fa scoprire che di paure ne abbiamo tutti, e spesso ci tengono lontane gli uni dagli altri.
Abbiamo imparato che metterle su un foglio, con parole o segni aiuta a poterle guardare e superare, abbiamo imparato che alcune ci servono e non ce ne vogliamo separare.
Abbiamo imparato ad ascoltarle queste paure, ad ingigantirle volutamente per poi lasciarle.
Ognuno ha fatto il suo percorso, arrivando all'appuntamento o negandoselo.
Io arrivando in macchina ho iniziato a ricordare pezzi di vita a cui non pensavo da tanto, in cui, so solo adesso, che quella che provavo era paura.
Una paura che non mi ha immobilizzata ma a volte anestetizzata.
La paura è un segnale, ignorarlo vuol dire rischiare. Spegnerlo vuol dire mettersi in pericolo.
Sentirlo di continuo vuol dire farsi male e vivere in gabbia.

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