C’è un tesoro, cento, mille nascosti tra le pagine di un libro.
Parole che rincorri sulla bocca di chi le scrive, storie che fai notte ad ascoltare e ti si chiudono gli occhi ma resti fin quando solo una piccola fessura aperta ti fa inseguire quelle piccole forme scure sul foglio bianco.
Quest’estate ho ascoltato affascinata come sempre ed incapace per sempre di saperlo ridire Erri De Luca.
Lo avevo conosciuto vent'anni fa con “Non ora, non qui”, poi “Una nuvola come tappeto” e poi “In alto a sinistra”.
Ho bevuto d’un fiato “Il giorno prima della felicità” mi sembrava riascoltare quella storia di Napoli e delle Amlire, quei racconti sulla guerra che avevo sentito a volte, con parole dette a metà, da bambina, nella Napoli in cui anche il mio papà partecipava a quelle giornate piene di speranza e di spavento, di fame e di nascondigli che non sapevi mai chi poteva tradire.
Ed ora ho un altro suo libro piccolo piccolo, che ad Erri gli posso rimproverare solo quello, che i suoi libri sono troppo piccoli per quanto lo amo io e finiscono subito.
Tento di distrarmi un po’, ma il richiamo è forte, voglio sentire come va a finire, dove mi incanta ancora tra le sue reti di pescatore di parole, nelle sue descrizioni che mi sembra di essere stata con lui a piedi scalzi, sulla prua della barca cullata dal sole e dalle onde.
Tu, mio.
Tra qualche pagina finirò anche questo e rileggerò di nuovo gli altri in attesa che tu ne scriva ancora.
Parole che rincorri sulla bocca di chi le scrive, storie che fai notte ad ascoltare e ti si chiudono gli occhi ma resti fin quando solo una piccola fessura aperta ti fa inseguire quelle piccole forme scure sul foglio bianco.
Quest’estate ho ascoltato affascinata come sempre ed incapace per sempre di saperlo ridire Erri De Luca.
Lo avevo conosciuto vent'anni fa con “Non ora, non qui”, poi “Una nuvola come tappeto” e poi “In alto a sinistra”.
Ho bevuto d’un fiato “Il giorno prima della felicità” mi sembrava riascoltare quella storia di Napoli e delle Amlire, quei racconti sulla guerra che avevo sentito a volte, con parole dette a metà, da bambina, nella Napoli in cui anche il mio papà partecipava a quelle giornate piene di speranza e di spavento, di fame e di nascondigli che non sapevi mai chi poteva tradire.
Ed ora ho un altro suo libro piccolo piccolo, che ad Erri gli posso rimproverare solo quello, che i suoi libri sono troppo piccoli per quanto lo amo io e finiscono subito.
Tento di distrarmi un po’, ma il richiamo è forte, voglio sentire come va a finire, dove mi incanta ancora tra le sue reti di pescatore di parole, nelle sue descrizioni che mi sembra di essere stata con lui a piedi scalzi, sulla prua della barca cullata dal sole e dalle onde.
Tu, mio.
Tra qualche pagina finirò anche questo e rileggerò di nuovo gli altri in attesa che tu ne scriva ancora.
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