Lei, che avete visto dipingere qui, mi scrive "non sai l'opportunità che dai".
Io do opportunità, lo so, ma l'altro deve saperle cogliere.
C'é chi davanti ad un invito di un pomeriggio in arte ha paura, chi lo svaluta o ancora chi si sente svalutata, perché lo intende
come un tornare indietro, e che la sua terapia è finita ormai.
Io allora lascio stare, perché non mi son bastati centinaia di post per far capire che il counseling NON è terapia.
Pensare che lo sia è come confondere un massaggio rilassante con un gesso.
So che avrei voluto incontrare un altra me tempo fa, quando le uniche possibilità di passare una giornata insieme ad altre persone e scaricare lo stress era andare in palestra.
Quando ho cominciato a conoscere il mondo della crescita personale ho frequentato corsi seri (per lo più ma ahimè non tutti), utili e allo stesso tempo stra-costosi, che toccano corde profonde e spesso dolorose.
(ed anche adesso, ad essere sincera vorrei essere partecipante ad uno dei miei laboratori, un abbondanza di materiali, colori, suoni, regali che non ho mai visto proposti da nessuno tutti insieme).
Ciò che io offro è un benessere accessibile.
Si può piangere è vero, come mi succede davanti ad un quadro di Monet o ad un concerto di Dvořák.
Di bellezza e felicità. Di scoperta e di lasciar fluire.
Di sentirsi partecipi e creativi, rilassarsi, costruire, colorare, scoprire le proprie qualità.
Provare piacere mentre si crea qualcosa che prima non esisteva.
Un laboratorio di Artcounseling è per chi vuole gioire, per chi vuole imparare ad apprezzarsi, a scoprire le cose belle che gli piace fare, e ad integrare quelle parti che vogliono svalutare, tipo:
non lo sai fare. Non sei capace. Gli altri sono più bravi, farai una figuraccia.
Molte cose succedono in un laboratorio.
Quello che mi stupisce è che io dopo aver provato piacere ne voglio ancora, mentre noto com'è facile dimenticare quanto bene siamo stati, quant'è stato bello.
La tristezza ed il dolore restano mesi interi nelle nostre giornate, ci restiamo attaccati.
Uno dei miei maestri diceva spesso: E' più facile soffrire che risolvere.
Ecco, già. e' che io offro la gioia. e la gioia si dimentica in fretta.
Io do opportunità, lo so, ma l'altro deve saperle cogliere.
C'é chi davanti ad un invito di un pomeriggio in arte ha paura, chi lo svaluta o ancora chi si sente svalutata, perché lo intende
come un tornare indietro, e che la sua terapia è finita ormai.
Io allora lascio stare, perché non mi son bastati centinaia di post per far capire che il counseling NON è terapia.
Pensare che lo sia è come confondere un massaggio rilassante con un gesso.
So che avrei voluto incontrare un altra me tempo fa, quando le uniche possibilità di passare una giornata insieme ad altre persone e scaricare lo stress era andare in palestra.
Quando ho cominciato a conoscere il mondo della crescita personale ho frequentato corsi seri (per lo più ma ahimè non tutti), utili e allo stesso tempo stra-costosi, che toccano corde profonde e spesso dolorose.
(ed anche adesso, ad essere sincera vorrei essere partecipante ad uno dei miei laboratori, un abbondanza di materiali, colori, suoni, regali che non ho mai visto proposti da nessuno tutti insieme).
Ciò che io offro è un benessere accessibile.
Si può piangere è vero, come mi succede davanti ad un quadro di Monet o ad un concerto di Dvořák.
Di bellezza e felicità. Di scoperta e di lasciar fluire.
Di sentirsi partecipi e creativi, rilassarsi, costruire, colorare, scoprire le proprie qualità.
Provare piacere mentre si crea qualcosa che prima non esisteva.
Un laboratorio di Artcounseling è per chi vuole gioire, per chi vuole imparare ad apprezzarsi, a scoprire le cose belle che gli piace fare, e ad integrare quelle parti che vogliono svalutare, tipo:
non lo sai fare. Non sei capace. Gli altri sono più bravi, farai una figuraccia.
Molte cose succedono in un laboratorio.
Quello che mi stupisce è che io dopo aver provato piacere ne voglio ancora, mentre noto com'è facile dimenticare quanto bene siamo stati, quant'è stato bello.
La tristezza ed il dolore restano mesi interi nelle nostre giornate, ci restiamo attaccati.
Uno dei miei maestri diceva spesso: E' più facile soffrire che risolvere.
Ecco, già. e' che io offro la gioia. e la gioia si dimentica in fretta.
Un ottimo motivo per continuare a diffondere gioia! Ce n'è bisogno! :) :*
RispondiElimina:-)*
RispondiEliminanon è che si dimentica è che è ingombrante, soprattutto all'inizio. volerne ancora significa decidere di liberarsi dalle zavorre, lavorare su di sé, voler sbocciare, guardarsi in faccia, denudarsi e scoprirsi meravigliosamente unici, accettarsi. conosco molte persone tranquillizzate da un'analisi di decenni. sempre lì puntuali all'appuntamento. in attesa, forse, che le risposte arrivino da fuori. senza aver capito, dopo anni, che dipende solo da se stessi, decidere se cambiare o meno, se essere o esistere soltanto. è più facile sopravvivere che vivere perché ci siamo abituati. e la rinascita è disponibile per tutti ma non tutti sono pronti a coglierla. non ora, non qui. arriverà anche il loro tempo. probabilmente. lasciamoli riposare. c'è un tempo per ogni cosa. e ogni persona ha il suo.
RispondiEliminaGrazie
RispondiEliminaCara Paola,ho una voglia incredibile di venire ad un tuo seminario o corso. Piccolo particolare: vivo anche a Milano ma pazienza. Mi fa male la frase "E' più facile soffrire che risolvere" perchè spesso rema contro nella mia esperienza terapeutica e mi fa sprecare un sacco di energie. Mentre preferisco questa: "Non conta ciò che hanno fatto di noi, conta quello che noi abbiamo fatto di ciò che hanno fatto di noi" (dall'Amleto). Mi piace e mi da una profonda carica pensare che tutta la sofferenza e indifferenza vissuta non sia stata inutile e solo fonte di dolore.bacio e buona giornata
RispondiEliminaGeciao. grazie di questo commento. Io molto più commerciale Il vero io è quello che tu sei, non quello che hanno fatto di te. Paulo Coelho.:-)la sofferenza va utilizzata a nostro favore. a farci migliori e poi a lasciarla andare. a sperimentare che è possibile altro.
RispondiEliminabellissimo post!
RispondiEliminaGrazie Life (che è anche bello scriverlo così)
RispondiEliminaquindi porti "dipendenza"....
RispondiEliminano, porto la terza;-)
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