In Giappone impacchettare è un arte: “tsutsumi”, letteralmente pacco, regalo, oggetto, dono - deriva da verbi col significato di avvolgere, coprire, ma anche nascondere, tenere segreto.
L’idea culturale dello tsutsumi è di proteggere il dono, il piacere estetico del contemplare un pacchetto in materiali, forme e colori semplici, sobri ed eleganti, senza fretta di strappare carta e nastri per vedere cosa il contenuto.
Anticamente alcuni tsutsumi fatti per occasioni cerimoniali particolari non dovevano neppure aprirsi, bastava sapere che al loro interno qualcosa rimaneva protetto al sicuro.
Oggi tsutsumi vuol dire avvolgerli e nasconderli completamente o solo in parte esaltanti attraverso materiali e forme.
La tradizione di scambiarsi doni ha origine religiosa:
gli ì dei dello Shintoo (“via degli dei”) ricevevano dagli uomini offerte rituali quali riso, sale, frutta, semi, piccoli pesci secchi ecc. per avere in cambio buona fortuna, salute, benessere, raccolti abbondanti.
Le offerte venivano avvolte, protette, legate o solo appoggiate su materiali naturali come foglie, cortecce, bambù, paglia, pietra, terracotta, carta etc.
La carta perché considerata materiale sacro e particolarmente caro agli dei: la pronuncia degli ideogrammi che significano “Dio” e “carta” è infatti omofona,”kami” e per tale motivo avvolgere nella carta corrispondeva ad avvolgere col nome degli dei.
In più la carta che si fabbrica in Giappone coi metodi tradizionali, “washi” significa sia carta giapponese sia carta della pace.
Tutte queste radici etimologiche, rituali e religiose fanno sì che una qualsiasi piccola cosa, una volta impacchettata con un foglio di carta, assuma un valore simbolico altissimo e spesso richieda un’altrettanto accurata cura nel dono che sarà ricambiato.
Il senso di uno tsutsumi è quindi proteggere il dono avvolgendolo nel sacro e poi offrirlo in segno di pace e armonia.
A questi significati si aggiungono l’attenzione e il tempo dedicati alla preparazione dello tsutsumi denotano un dono più importante del regalo impacchettato, è infatti un pezzetto della propria vita che si dedica a questo gesto e più accurato sarà lo tsutsumi più prezioso sarà il suo valore simbolico.
Uno tsutsumi considera l’oggetto come qualcosa di unico da valorizzare a volte con inviluppi semplicissimi, altre volte con piegature lunghe e complesse.
La legatura può assumere il significato simbolico di legare a sé la persona per la quale si è preparato il dono.
Per valorizzare il nodo si usano fili di carta chiamati mizuhiki (da mizu, acqua, che serve per bagnare i fili di carta attorcigliati e che, una volta asciutti diventavano robustissimi), raccolti a gruppi di 5, 7 e 9 e in colori differenti a seconda delle occasioni: bianco e cremisi per doni formali, bianco e rosso per ricorrenze augurali, oro e argento per matrimoni, multicolori per feste tra amici o nei regali dei bambini, bianco e nero per cerimonie funebri.
A volte semplicemente funzionale ma quasi sempre di grande valore estetico sia nell’abbinamento con altri materiali sia usato singolarmente come nei bellissimi intrecci a vista.
Oltre ai materiali tradizionali naturali nello tsutsumi si utilizzano anche tessuti chiamati furoshiki, rispetto alla carta vantaggioso per impacchettare e trasportare oggetti pesanti e fragili.
fonte: adattato da Luisa Canovi
L’idea culturale dello tsutsumi è di proteggere il dono, il piacere estetico del contemplare un pacchetto in materiali, forme e colori semplici, sobri ed eleganti, senza fretta di strappare carta e nastri per vedere cosa il contenuto.
Anticamente alcuni tsutsumi fatti per occasioni cerimoniali particolari non dovevano neppure aprirsi, bastava sapere che al loro interno qualcosa rimaneva protetto al sicuro.
Oggi tsutsumi vuol dire avvolgerli e nasconderli completamente o solo in parte esaltanti attraverso materiali e forme.
La tradizione di scambiarsi doni ha origine religiosa:
gli ì dei dello Shintoo (“via degli dei”) ricevevano dagli uomini offerte rituali quali riso, sale, frutta, semi, piccoli pesci secchi ecc. per avere in cambio buona fortuna, salute, benessere, raccolti abbondanti.
Le offerte venivano avvolte, protette, legate o solo appoggiate su materiali naturali come foglie, cortecce, bambù, paglia, pietra, terracotta, carta etc.
La carta perché considerata materiale sacro e particolarmente caro agli dei: la pronuncia degli ideogrammi che significano “Dio” e “carta” è infatti omofona,”kami” e per tale motivo avvolgere nella carta corrispondeva ad avvolgere col nome degli dei.
In più la carta che si fabbrica in Giappone coi metodi tradizionali, “washi” significa sia carta giapponese sia carta della pace.
Tutte queste radici etimologiche, rituali e religiose fanno sì che una qualsiasi piccola cosa, una volta impacchettata con un foglio di carta, assuma un valore simbolico altissimo e spesso richieda un’altrettanto accurata cura nel dono che sarà ricambiato.
Il senso di uno tsutsumi è quindi proteggere il dono avvolgendolo nel sacro e poi offrirlo in segno di pace e armonia.
A questi significati si aggiungono l’attenzione e il tempo dedicati alla preparazione dello tsutsumi denotano un dono più importante del regalo impacchettato, è infatti un pezzetto della propria vita che si dedica a questo gesto e più accurato sarà lo tsutsumi più prezioso sarà il suo valore simbolico.
Uno tsutsumi considera l’oggetto come qualcosa di unico da valorizzare a volte con inviluppi semplicissimi, altre volte con piegature lunghe e complesse.
La legatura può assumere il significato simbolico di legare a sé la persona per la quale si è preparato il dono.
Esistono legature e nodi per le varie occasioni, da quelle che non si ripetono nella vita (nascita, matrimonio, morte) a quelle più semplicemente augurali.
Per valorizzare il nodo si usano fili di carta chiamati mizuhiki (da mizu, acqua, che serve per bagnare i fili di carta attorcigliati e che, una volta asciutti diventavano robustissimi), raccolti a gruppi di 5, 7 e 9 e in colori differenti a seconda delle occasioni: bianco e cremisi per doni formali, bianco e rosso per ricorrenze augurali, oro e argento per matrimoni, multicolori per feste tra amici o nei regali dei bambini, bianco e nero per cerimonie funebri.
Ma anche la paglia di riso, la rafia, la corda grezza e tutto ciò che si può legare e annodare ha un utilizzo nello tsutsumi.
A volte semplicemente funzionale ma quasi sempre di grande valore estetico sia nell’abbinamento con altri materiali sia usato singolarmente come nei bellissimi intrecci a vista.
Oltre ai materiali tradizionali naturali nello tsutsumi si utilizzano anche tessuti chiamati furoshiki, rispetto alla carta vantaggioso per impacchettare e trasportare oggetti pesanti e fragili.
fonte: adattato da Luisa Canovi
La cultura giapponese mi affascina, vi sono dei rituali bellissimi! Niente è dato per scontato..
RispondiEliminavisto quante metafore?
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