In questi giorni preparavo l'articolo che leggerete dopo questo con Federica (siamo quasi colleghe, lei è psicoterapeuta).
Ci siamo scambiate qualche email e il titolo era proprio fatto da queste lettere. s u i c i d i o.
Ho cercato di allontanare i pensieri e i ricordi che so consapevolmente di voler evitare.
Nelle famiglie dove succede, sono d'accordo, non se ne parla.
C'è una sorta di vergogna anche a ricordare cosa è successo, a spiegare ai bambini più piccoli e dunque, a volte, si evita semplicemente di dire.
Le volte che qualcuno mi ha fatto domande in qualità di professionista, ho sempre risposto di non essere in grado.
Il tema è troppo complesso in sé e troppo "altro" per me, che quando ho conosciuto Federica Bruni ho subito segnato il suo numero in agenda, contenta di avere un riferimento certo a cui inviare le persone il cui disagio era in quest'area.
Non sapevo però che, nel collaborare a questo articolo, sarebbero saliti su altri ricordi.
Molto più antichi.
Ognuno di noi ha dei ricordi olfattivi, visivi. Io su questo tema ho un ricordo nettissimo, uditivo.
E' la voce straziata di mia sorella più piccola di me di sei anni. Allora ne avrà avuti 12 o 13 forse. Entra nel palazzo e urla, due piani più giù di dove ero io: "NON E' MORTO".
Io ingenua, per un secondo ci credo, ho un momento di sollievo, lo vedi, non poteva essere, mi dico.
Sto quasi per gioire quando ascolto il seguito del suo grido "SI E' SUICIDATO".
La sua foto è restata nella nostra camera per molti anni da allora.
Non so come deve essere stata per lei, ma so che non ho dimenticato nulla di ciò che ho saputo.
Il racconto di come era successo. E il suo viso, dai lineamenti così belli e perfetti, un corpo statuario.
Quel ragazzo così sano, e dal sorriso splendido.
Non è rimasta l'unica volta in cui ho contattato da vicino il tema.
Dunque so bene che provoca emozioni e pensieri di ogni genere, e che tocca alcune di noi molto da vicino.
Ma forse può aiutarci a fare un piccolo passo in avanti nell'accettazione e nel perdono. Soprattutto di noi stesse.
Ci siamo scambiate qualche email e il titolo era proprio fatto da queste lettere. s u i c i d i o.
Ho cercato di allontanare i pensieri e i ricordi che so consapevolmente di voler evitare.
Nelle famiglie dove succede, sono d'accordo, non se ne parla.
C'è una sorta di vergogna anche a ricordare cosa è successo, a spiegare ai bambini più piccoli e dunque, a volte, si evita semplicemente di dire.
Le volte che qualcuno mi ha fatto domande in qualità di professionista, ho sempre risposto di non essere in grado.
Il tema è troppo complesso in sé e troppo "altro" per me, che quando ho conosciuto Federica Bruni ho subito segnato il suo numero in agenda, contenta di avere un riferimento certo a cui inviare le persone il cui disagio era in quest'area.
Non sapevo però che, nel collaborare a questo articolo, sarebbero saliti su altri ricordi.
Molto più antichi.
Ognuno di noi ha dei ricordi olfattivi, visivi. Io su questo tema ho un ricordo nettissimo, uditivo.
E' la voce straziata di mia sorella più piccola di me di sei anni. Allora ne avrà avuti 12 o 13 forse. Entra nel palazzo e urla, due piani più giù di dove ero io: "NON E' MORTO".
Io ingenua, per un secondo ci credo, ho un momento di sollievo, lo vedi, non poteva essere, mi dico.
Sto quasi per gioire quando ascolto il seguito del suo grido "SI E' SUICIDATO".
La sua foto è restata nella nostra camera per molti anni da allora.
Non so come deve essere stata per lei, ma so che non ho dimenticato nulla di ciò che ho saputo.
Il racconto di come era successo. E il suo viso, dai lineamenti così belli e perfetti, un corpo statuario.
Quel ragazzo così sano, e dal sorriso splendido.
Non è rimasta l'unica volta in cui ho contattato da vicino il tema.
Dunque so bene che provoca emozioni e pensieri di ogni genere, e che tocca alcune di noi molto da vicino.
Ma forse può aiutarci a fare un piccolo passo in avanti nell'accettazione e nel perdono. Soprattutto di noi stesse.
:-)intervengo in punta di piedi. difficile dire senza urtare la sensibilità di altri.però ci provo.questa parola mi ha sfiorata, ha sfiorato la mia mente quando, due anni e mezzo fa, mio marito mi ha lasciata.allora mi sono subito detta "guarda cos'hai, e non pensare certe cose".e il pensiero se n'è andato per non più ritornare.io ringrazio per questo.detto questo non mi permetto di mettermi nei panni di nessun altro, e di dare giudizi. che ciascuno ha la sua strada e le sue decisioni.da parte mia c'è solo rispetto e compassione (nel senso di patire insieme)uff....:-)commento difficile :-)post coraggioso, come la padrona di casa. :-)
RispondiEliminacommento correttissimo e coraggioso come l'ospite
RispondiEliminaTre anni fa,un caro amico si è suicidato.Un ragazzo poco più giovane di me,anche lui studente qua in italia..Non entro nei particolari,ti dico solo che il suo gesto è stato provocato dalla disperazione,dal fatto che lui non riusciva a trovare la via d''uscita da una situazione ambigua e difficile.I suoi genitori,dal primo momento,hanno costruito una storia assurda dicendo che aveva preso degli antistaminici e poi aveva bevuto una bevanda alcolica e la combinazione aveva provocato l''arresto cardiaco.Nessuno ha creduto a questa versione dei fatti.Non puoi immaginare le malignità ,i pettegolezzi circolati.La gente della mia città è stata spietata con la famiglia,quasi disumana.E loro?Continuano a negare la realtà ,continuano a parlare di ''incidente'' e ogni giorno sono un po'' più consumati da questa immensa tragedia...Leggendo questo post,hai ragione@energia,difficilmente una persona rimane distaccata e fredda.ti abbraccio.Â
RispondiEliminaCiao Marinakiabbraccione a te.grazie per questa tua testimonianza
RispondiEliminanon so. è qcosa che mi ha sfiorato, da vicino o meno, anche recentemente. ma non son mai riuscita a chiarirmi bene le idee sulla cosa. da ragazza ci ho pensato senza pensarci davvero. trovo che x suicidarsi ci voglia un coraggio che io non ho. ma credo anche che sia il coraggio della disperazione e allora mi dico che sono stata fortunata in fondo. e che mi è sempre bastato un cielo al tramonto x dimenticare che la mia vita magari in quel momento faceva schifo. ma non capisco la vergogna. posso capire forse i sensi di colpa di chi resta per non aver capito, aiutato. ma la vergogna no. ma boh. dico stupidaggini a vanvera...
RispondiEliminail prossimo articolo spiega meglio questi meccanismi. che magari ad alcuni accadono ad altri no. la morte è una liberazione dal dolore di vivere, e dal punto di vista di chi si suicida, il coraggio non è nel morire ma nel vivere.bisou
RispondiEliminaCome rootless neanch'io capisco la vergogna..I sensi di colpa invece li capisco bene.Li ho avuti,ce li ho ancora..Spesso penso che è stato lasciato solo,che io potevo essere più presente,ma non mi vergogno di lui,non lo nascondo,non cerco di cancellare lui e la sua scelta...Aspetto di leggere l'articolo...
RispondiEliminaRootless............... io credo ci voglia più coraggio a vivere.Il suicidio è solo un modo per arrestare il dolore che ti lacera la carne del petto, è solo una decisione per non affrontarne altre.E' solo solitudine
RispondiEliminaOps... presa dalla frenesia ho risposto prima di leggere il tuo commento... Scusa Paola ^^ ma poi, se non scrivo subito perdo il filo e la voglia di essere impulsiva e lascio perdere ;)
RispondiEliminaCrino prob
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