Perché non ci rivolgiamo ad un professionista (psicoterapeuta psicologo psichiatra psicoanalista e counselor a seconda delle esigenze)?
Perché meglio non dire, meglio non sapere.
Perché abbiamo paura di sentirci giudicati (ma un vero professionista non giudica).
Perché pensiamo di avere qualcosa che non va.
Perché abbiamo paura di scoprire di essere ancora più gravi di quanto pensiamo.
Lo capisco.
Io faccio allo stesso modo con un problema fisico di cui sono a conoscenza.
Sentirmi fragile, debole, ammalata, cagionevole è una sensazione che personalmente mi infastidisce. La rifuggo.
A ciò aggiungo la mia poca fiducia nei medici (origine del danno) col risultato di dovermi forzare per andarci.
Ma il counseling non è così.
A volte può sembrare un peso o uno sforzo- ma la maggior parte delle volte anche un singolo colloquio ci da una nuova carica, come una doccia di benessere e fiducia.
Nuovi spunti per ripartire, nuova linfa e nutrimento.
Però certo, dobbiamo sapere a chi affidarci.
Perché in questo campo l'importante è saper essere.
Non basta una laurea.
E' presunzione (vera follia!!!!) pensare che ci si possa fermare alla teoria in un campo così.
Chi vuole lavorare per il benessere delle persone deve scoprire prima sé, prima di voler "salvare " altri.
Altrimenti è un trucco, un meccanismo della mente.
Noi non siamo solo analisi logica.
Siamo un armonia.
E per far suonare gli altri dobbiamo avere l'armonia in noi.
Ascoltare noi stessi prima di ascoltare gli altri.
Ammettere e superare le nostre paure, integrare le nostre contraddizioni per aiutare gli altri ad accettare le proprie.
Provare cosa significa farsi guidare prima di guidare.
Essere pronti ed aperti a nuove scoperte per partecipare quelle di altri.
Duri col problema, morbidi con le persone.
Continuare gli allenamenti, far defluire le acque, riconoscere le correnti.
Bagnarci per primi per accompagnare altri a nuotare in questo mare immenso della vita.
Paola Bonavolontà
continua da qui. continua: qui ed anche qui
una fonte autorevole sul "perché si"
Paola, confermo: un colloquio con un professionista è rigenerante e costruttivo sempre, anche quando, apparentemente, se ne esce con le ossa rotte.Di certo la vita è una strana maestra ma è fondamentale imparare ad essere flessibili, per noi stessi e per gli altri. E nel mio caso meno arrabiati e repressi e meno rigidi con se stessi.Smack!
RispondiEliminaCiao SSIche bella questa tua considerazione. anche io pensavo ad una giovane collega che è ancora talmente infelssibile e rigida da sembrare una ss e non so chi possa attirare come clienti.e..nel confronto mi sono ripresa che noto con enorme piacere di essermi molto ammorbidita negli anni e allo stesso tempo so ancora essere dura se serve.un bacioneP
RispondiEliminaHo sempre pensato infatti che il tuo lavoro sia difficile..Ascoltare la gente richiede sensibilità,capirle profondità d'animo.Avere queste doti è un dono..e la laurea non te le da..
RispondiEliminaCara Lanuitgrazie mille di questo tuo commento.nonostante la grande passione convinzione ed amore che mi hanno portato a questa scelta è un momento di grande dubbio per me sul continuare.
RispondiEliminadevo fare outing.... io sono molto scettica nei riguardi del mondo psicologia. esageramente scettica. infatti mi sono avvicinata a te per simpatica, più che attratta da ciò che rappresenti professionalemtne, e ho capito da cosa deriva il mio scetticismo, forse. sono andata da uno psicologo, anni fa, per un paio d'anni. ero piccola, avevo 13 anni quando ho iniziato. mi ci hanno mandato forse perchè iniziavo a filtrare attraverso di me i tumulti che mi accadevano intorno. bè, l'esperienza mi è scivolata addosso. non mi ha lasciato niente, come non esserci andata. poi forse ero troppo piccola, e non certo "cosciente" della terapia in sé. dici che è per questo?ti bacio!
RispondiEliminaFINvabbè che sei scettica lo avevo capito. che ti sono simpatica pure.meglio di un calcio a un occhio no?dico che cosa ti scivola addosso dipende sia da te quanto vai corazzata a un incontro e quanto l'altro è in grado di penetrare la corazza e farci entrare piacere invece che giudizio.e che al mio ultimo laboratorio è venuta una piscologa che aveva studiato solo sui libri e si vedeva e si sentiva e aveva una carica mista di rabbia, cazzimma, invidia e mettici qualcosina in più che mi sono chiesta chi mai ci va da una così e lei, quando e se un giorno farà i conti con chi è e cosa ha fatto di vero e di cuore nella sua vita...insomma..anche io ero scettica (e lo sono nei confronti di tanti colleghi, counselor o psi che siano).le cose che mi sono successe erano motivo di grande vergogna e non mi andava di rischiare il giudizio di un altro. non vedevo nè capivo che giovamento potessi avere.però ricordo ancora le lacrime che ho visto mentre per la prima volta ho raccontato ad alta voce, davanti a credo 12 persone la mia storia di bambina.e le emozioni degli altri aprono anche il tuo di cuore.e le ferite sono accarezzate da altre storie e la rabbia e il dolore lasciano il corpo che resta sollevato e alleggerito da pesi così gravi.t'è piaciuto l'outing?
RispondiElimina:D sisicaspita mi dispiace sentirti un po' in rotta! cosa posso fare?
RispondiEliminaFinci penserà àla tua amica con l'accento francese questo wend sperando che il tempo sia clemente! ma grazie dell'offerta
RispondiEliminaah ok meno male!
RispondiEliminaCara Paola, mi piacciono molto gli argomenti del tuo blog. Sono un'aspirante counselor, nel senso che sto studiando per diventarlo. In effetti è un percorso piuttosto duro, perchè richiede un grande lavoro preliminare su se stessi, prima di poter aiutare gli altri. E poi saper ascoltare senza giudicare nè interpretare, aiutare senza invadere con domande.... è una bella sfida. E mi piace. Spero di esserne anche capace. Ciao! monica
RispondiEliminaCara Monicaun vero percorso ad ostacoli. di ogni genere e tipo.auguri(oni oni) per il tuo percorso e grazie del tuo commento
RispondiEliminaApprovo e, finalmente, dopo mesi di tentennamenti e tirarsi indietro ho convinto anche mio marito a fare una chiacchiera a tre con chi potrebbe aiutarci. Sono sicura che il mettersi in gioco sia stato un ostacolo insormontabile per lui. Ora spero di vedere, in un modo o nell'altro, cambiare piano piano le cose...
RispondiEliminaCara Trafficio mi auguro per lui (e per te certo) che riesca a riconoscere e depositare le sue difficoltà. che mettersi in gioco non descrive la bellezza di "alleggerire" . consolare, lenire le ferite e riscoprire la tenerezza e l'amore sotto il dolore
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