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Stile Evitante III

Ognuna di noi donne ha avuto nella vita a che fare con un uomo dallo stile evitante.
Ma certamente anche noi stesse siamo state evitanti con qualcuno.
Almeno so per certo di esserlo stata io...e poichè in un percorso di counseling arrivano spesso donne e uomini con problemi di relazioni, voglio trattare ancora un ultimo aspetto degli evitanti:
appunto proprio quello delle relazioni.

Raccomando la solita cautela nel leggere quanto sotto, tratto ed adattato da:  http://lnx.sfidabipolare.net/.

Stile e disturbo NON sono la stessa cosa.
Tutti abbiamo stile e pochi (per fortuna) abbiamo un disturbo. 
I testi spiegano il disturbo e non lo stile, come dire: trattano ciò che è molto definito, calcato, delineato. 
Mi viene da dire ognuno di noi è un acquarello, non tutti siamo dei quadri ad olio.
Chiunque ha un modo semplice e metaforico di descrivere le differenze è assolutamente benvenuto.
Già detto è uno stile di "soli e solitari", che vorrebbero essere coinvolti in relazioni ma non riescono a tollerare le emozioni che provano quando stanno in mezzo alla gente. 
Si sentono inaccettabili, incapaci di essere amati e incapaci di cambiare.
Poiché si ritraggono dagli altri anticipando un rifiuto, hanno vite molto povere dal punto di vista sociale. 
Hanno aspettative immature e irrealistiche di relazioni; credono di non poter avere imperfezioni. Dal punto di vista interpersonale, sono a disagio, goffi e tesi.
Fanno esperienza di una autocoscienza continua, di disprezzo di sé e di rabbia verso gli altri (Oldham, 1990).
Svilupperanno intimità con le persone che sono vissute come sicure.
Nonostante ciò, si troveranno spesso in relazioni triangolari maritali o quasi-maritali che offrono intimità e mantengono una distanza interpersonale
A questi individui piace incoraggiare legami segreti come posizione "di riserva" nel caso che la relazione chiave non funzioni (Benjamin, 1983).
Come partners sessuali e genitori, le persone  AvPD sembrano prese da se stesse e disattente (Kantor, 1992) in quanto mantengono distanza dagli altri attraverso la limitazione difensiva e la chiusura. Anche così, questi individui desiderano affetto e fanno fantasie su relazioni idealizzate (DSM-IV, 1994, p. 663).

Il comportamento.
si comportano in maniera irritante e nervosa. Reagiscono in maniera esagerata ad esperienze innocue ma mantengono il controllo sui loro comportamenti fisici e sull'espressione delle emozioni.
Il loro linguaggio è esitante e frenato. Sembrano avere sequenze di pensiero frammentarie e la loro conversazione è intessuta di digressioni confuse. Sono timidi e a disagio (Millon & Davis, 1996).
Kantor (1992) nota che gli individui con AvPD, e questo è vero per tutti i disturbi di personalità, hanno la tendenza a vivere nel passato o nella fantasia - ricevono uno stimolo troppo basso dal qui e ora. La capacità diminuita di prestare attenzione ha come risultato disturbi della memoria di media entità e una maturità caratteristica. Questi individui sono distratti dalla loro stessa straordinaria sensibilità alle sottigliezze di tono e di sensazioni; sono iperallertati al significato della comunicazione emotiva. I loro processi di pensiero affrontano l'interferenza di una marea di dettagli ambientali irrilevanti (Millon & Davis, 1996).
Si comportano in un modo rigido, timido e apprensivo che è inquietante per gli altri.
Lo stesso rifiuto che temono può essere il risultato diretto del fatto che gli altri diventano impazienti e si sentono a disagio per la loro continua tensione e per la loro incapacità di accettare che possono essere una parte di interazione senza garanzie speciali di sicurezza. Di fatto, le persone  AvPD, in modo aperto o coperto, cercano che gli altri prendano il rischio interpersonale al posto loro; non sono capaci di essere responsabili del proprio benessere dal punto di vista sociale e diventano un peso per la capacità di accudirli e prendersi cura di loro da parte di chi sta loro intorno.
Per quelli che hanno esperienza di sintomi gravi di evitamento, nessun grado di protezione o di gentilezza può calmare la loro paura, si ritirano senza spiegazioni e lasciano dietro di sé sconcerto generale su ciò che non è andato bene.
Problemi affettivi
 La vergogna è una delle esperienze affettive centrali nel AvPD. Vergogna ed auto-esposizione sono intimamente connessi - cosa che porta al ritirarsi dalle connessioni interpersonali per evitare di fare esperienza di vergogna (Sutherland & Frances, Gabbard & Atkinson, eds, 1996). Sono angosciati. Descrivono le loro emozioni come una costante corrente sotterranea che li confonde, di tensione, tristezza e rabbia. Qualche volta questo dolore continuo sfocia in uno stato generale di stordimento. Hanno poche abilità sociali e qualità personali che possono portarli ai piaceri e alle comodità della vita. Devono tentare di evitare il dolore, di non aver bisogno di nulla, di non dipendere da nessuno e di negare il desiderio (Millon & Davis, 1996). Cercano di distogliersi dalla loro consapevolezza della propria non amabilità e mancanza di attrattiva.
La loro espressione affettiva  Ã¨ limitata. Il loro problema principale è la disforia, una combinazione di ansia e tristezza (Beck, 1990). Sono apprensivi, solitari e tesi (Sperry & Carlson, 1993); possono fare esperienza di sentimenti di vuoto, depersonalizzazione (Sperry, 1995), ed eccessiva auto-coscienza. Di quando in quando, gli individui con AvPD perdono il controllo ed esplodono con rabbia (Benjamin, 1983).

Struttura di difesa
Gli individui con AvPD usano la fantasia per interrompere i loro pensieri dolorosi. 
Cercano di confondere le proprie emozioni perché una disarmonia diffusa è più tollerabile del dolore pungente e dell'angoscia di essere se stessi. Dipendono dalla fantasia anche per qualche misura di bisogno di gratificazione. Altre difese per il AvPD includono l'evitamento e la fuga.
Il loro obiettivo principale è proteggere se stessi dal dolore psichico reale o immaginario.
La fantasia e la fuga sono tutto ciò che gli resta perché non riescono a ottenere conforto da se stessi o dagli altri (Millon & Davis, 1996).Affrontano le loro emozioni solo attraverso evitamento, fuga e fantasia. Quando a confronto con uno stress non anticipato, hanno poche forze interiori a disposizione per gestire la situazione. L'energia è diretta male per evitare piuttosto che per adattarsi. 
Se da un lato questi individui cercano l'isolamento per la paura dell'umiliazione o del rifiuto, desiderano le relazioni e la connessione con gli altri. 
Ciò li lascia con la fantasia come loro prima difesa; qui l'uso della fantasia può essere visto come una variante della difesa generale di negazione (Kubacki & Smith, Retzlaff, ed.).
prendono il rifiuto come indicazione di carenze personali; si impegnano in una serie di pensieri automatici di critica di sé che sono straordinariamente dolorosi. Il risultante evitamento sociale nel AvPD è subito visibile. Ciò che è meno ovvio è il concomitante esitamento cognitivo ed emotivo. La loro disforia è così dolorosa che usano le attività e le dipendenze per distrarsi dai pensieri negativi e anche dai sentimenti. Si impegnano in pii desideri, per esempio un giorno arriverà la relazione o il lavoro perfetto; un giorno avranno fiducia e avranno molti amici. Le modalità di evitamento cognitivo, emotivo e comportamentale sono rinforzate da un ridursi nella tristezza e diventano incancrenite e automatiche (Beck, 1990).
Nel frattempo, gli individui affetti da AvPD abbassano le proprie aspettative basate sulla realtà e stanno lontani dal coinvolgimento con le persone reali (Beck & Freeman, 1990)

Commenti

BLOGGER: 14
  1. devo dire la verità..ho letto tutti i post con cura e piu volte..è molto interessante..ho letto anche sul link che ci hai dato..ma non so cosa scrivere in merito..anche io malata di controllo..anche io vivo nel passatoe  fantastico..per poi nn essere mai soddisfatta..ma  mi ritengo fortunata, perchè già sono al punto della consapevolezza..magari quello dopo è quello della svolta...grazie per questi post..sono davvero interessanti! 

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  2. Ciao Danyero un pò sorpresa dal cambio nome.. posso dirti che ognuno di noi è una bella torta di tanti ingredienti. e spesso il nostro stile prevalente di base è nascosto e sormontato da quello che assumiamo prorpio per compensazione.almeno per me è così, e ci sono voluti anni per potermi avvicinare a guardare come sono e piano piano piano accettarlo.dunque non essere impaziente, e soprattutto prendilo come un gioco. Non lo faccio per me stessa, pensa se posso consigliare di autodefinirsi nello stile. 

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  3. cioè dovrei provare ad autodefinirmi???

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  4.  esattamente il contrario...dicevo infatti leggi e prendi come gioco, ma non siamo bravi a definire noi stessi...(di solito)

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  5. ce l'ho.non lo stile, dico.l'uomo evitante. in casa.sgrunt!

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  6. si evin. credo proprio di si. sorry.più studio la tipologia più mi rendo conto che non lo sanno, ma vivono proprio in una gabbia tristissima.penso cmq che anche gatti gatti lo sia. 

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  7. grazie!ma devo dire che la riflessione che è scaturita da questo post è molto interessante!grazie!

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  8. E' piuttosto difficile come argomento... trovo che ogni persona sia così complessa che sia quasi impossibile appiccicarle addosso uno stile ben definito! Conosco una persona che potrebbe assomigliare alla descrizione, ma non al 100%.Baci

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  9. Clol'ho anticipato e ridetto in quasi tutti i post. io stessa mi sono riconosciuta qui e lì anche in questo stile...ma di solito ne abbiamo uno preponderante. se è l'unico è un problema. ma non attacco nulla a nessuno. e' solo un punto di vista aggiuntivo che può aiutare secondo me a non caricarsi di tutte le colpe quando un uomo o una donna se ne va.se mai prendere consapevolezza e responsabilità o semmai una domanda: come mai mi sono scelta quel tipo di persona? cosa ancora devo imparare?oppure se IO sono evitante...mi do un bel calcione nel ...e cerco di inconrtrare più persone, di combattere le mie resistenze e incontrare una volta ogni 15 giorni l'altro.cose così.  

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  10. Certo, non mi riferivo a te, lo so che non attacchi nulla a nessuno. E' una mia difficoltà nel senso che mi piacerebbe riuscire facilmente a capire gli altri ed etichettarli... ma spesso sono un rebus.

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  11. riprendendo l'altro commento... masochista di sicuro!!!(io intendo...)ma + leggo + mi dico che fino a una certa età sono stata in bilico. avrei potuto facilmente cadere in pieno in questo stile. (anche se non sono facile alle dipendenze)(proprio x mania di controllo... ). non so bene cosa mi abbia salvato.ma la domanda è: ci si nasce con una predisposizione per o ci sono eventi, ambienti etc che possono condurci a uno stile piuttosto che a un altro?ciaooooooooo

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  12. Rott : la risposta è di tutto un pò: genetica, ambiente, esperienze...(cioè culo, culo, culo....)ops...

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  13. io penso che diventerò presto evitante... nel senso che eviterò qualcuno ahahahaha :-DDD

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  14. bene ..contenta sono....

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Ho conosciuto il counseling in un altro paese, altro continente, altra vita. Ho scoperto quanto può essere liberatorio l'essere ascoltati, senza giudizio ed interpretazione, senza consigli. Sono tornata in Italia e ho cominciato a formarmi ed a integrare le mie esperienze di marketing al counseling e alla creatività.


Questo blog nasce per condividere e far conoscere strumenti e possibilità per vivere meglio la nostra vita di relazione e professionale. Paola Bonavolontà


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