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La finestra di Johari


Ognuno ha un’immagine di se stesso reale o costruita, ideale, conosciuta e nascosta o sconosciuta; la comunicazione inviata è sia quella desiderata e costruita, sia quella inconsapevole (rileggi qui).




Quanto arriva di noi agli altri ?

Quanto riusciamo a essere visti ed apprezzati per quello che siamo (o crediamo di essere), quale immagine gli altri ricevono da noi?

e soprattutto: cosa vedono gli altri che noi non vediamo?


Il modello qui di seguito prende il nome dalle iniziali dei suoi ideatori, Joseph Luft e Harry Ingham; si compone di quattro quadranti: 


   Finestra di Johari (1961)


APERTO (o pubblico o manifesto)
Sfera pubblica della personalità, atteggiamenti e comportamenti che il soggetto assume consapevolmente e di cui anche gli altri sono al corrente.

CIECO
Parti di noi stessi che non conosciamo o non vogliamo ammettere ma evidenti agli altri. Ad es. emozioni come la rabbia, l’invidia;  l’odore personale.
Ed anche all'opposto opinioni che immaginiamo vere di noi stessi e che gli altri non riscontrano affatto. Es. avere modi bruschi e credersi gentili.

PRIVATO (nascosto)
Quello che conosco di me e non rivelo pubblicamente, ad es. paure, speranze; che è preferibile non diffondere a chiunque come problemi di salute e familiari, comportamenti sessuali.
 
INCONSCIO
Processi, contenuti ed impulsi ma anche il potenziale sconosciuti a noi stessi e agli altri.

I rapporti formali avvengono fra gli "io aperti", le confidenze hanno origine dall'area privata,  le informazioni che trapelano o rivelazioni inconsapevoli ed il contagio emozionale dalle altre aree.

L’ampiezza delle aree è variabile tra le persone ed in costante movimento:

ad es. è giusto confidarsi con gli amici, ma chi rivela troppe informazioni a persone appena conosciute crea disagio, diffidenza e sospetto; l'autosvelamento dell’area privata dovrebbe essere moderata, graduale e reciproca.
 
Parlare del proprio se nascosto è un bisogno, quello di gettare la maschera, di poter esprimere le sensazioni, le speranze, le paure, di condividere con altri il proprio se più intimo.
 
Ci sono momenti e situazioni in cui non è possibile: 
in ufficio bisogna apparire forti ed invincibili, a casa ci sono già troppi problemi e gli amici hanno i propri.

Il risultato è un enorme fatica, senza possibilità di scaricare il peso se non in maniera incontrollata (cieca).

Parlare con un counselor è utile proprio per recuperare risorse ed energie, soddisfare il  bisogno di espressione di se senza rischi di esprimersi in maniera inopportuna, peggiorando o inquinando le relazioni con le persone che amiamo o con cui lavoriamo nel quotidiano.

Il counseling consente di parlare del nostro PRIVATO ed, attraverso l'uso dello strumento del feedback adeguatamente utilizzato, di ampliare la zona di consapevolezza dell'IO Cieco.

Ricevere feedback consente di acquisire, in tempi brevi, consapevolezze rispetto agli effetti che i propri comportamenti producono nell'altro, consente di conoscere ciò che è noto agli altri e ignoto a se.

Il feedback consente di ridurre l’area cieca e dunque di essere più consapevoli di noi, comprendere meglio le eventuali dissonanze tra come ci vediamo, come valutiamo i nostri comportamenti e cosa ci torna indietro (le reazioni degli altri).

Mettiamoci alla finestra...ci siamo già.




Paola Bonavolontà



p.s. l'inconscio non è un area di competenza del counselor. Da chi racconta il contrario, scapperei molto lontano.






Commenti

BLOGGER: 5
  1. il mio è il balcone fiorito. mi vedi?:*

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  2. il tuo balcone? si mi pare arancione....tutti fioriti? ti vedo, ci siamo sempre viste dai nostri balconi di "non so e non dico"....contagiate dai petali e le spine...

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  3. la maschera l'ho gettata, almeno con me stessa, e non c'entra la faccina nel riquadro. ;-) la maschera.una delle...probabilmente....

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  4. leggerezza18:43

    ecco, prima di leggere il post di oggi stavo pensando a quello che io ho dato nella mia ultima storia. C'ho impiegato parecchio, mentre mi è stato + facile pensare a quello che lui ha dato a me. Spero solo che questo sia dovuto al fatto che ci sono aree di me ancora "cieche", delle quali non sono consapevole! Non trovare parti belle di me che ho saputo dare mi ha intristito alquanto :-(

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  5. leggerezza....una?la tua counselor prepara gli occhiali.tu prepara i disegni.... Se potessi esprimerlo con le parole non ci sarebbe nessuna ragione per dipingerlo. Edward Hopperecco perchè lo dipingerai.... 

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Ho conosciuto il counseling in un altro paese, altro continente, altra vita. Ho scoperto quanto può essere liberatorio l'essere ascoltati, senza giudizio ed interpretazione, senza consigli. Sono tornata in Italia e ho cominciato a formarmi ed a integrare le mie esperienze di marketing al counseling e alla creatività.


Questo blog nasce per condividere e far conoscere strumenti e possibilità per vivere meglio la nostra vita di relazione e professionale. Paola Bonavolontà


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Counseling is good 4 you: La finestra di Johari
La finestra di Johari
Quanto arriva di noi agli altri ? Quanto riusciamo a essere visti ed apprezzati per quello che siamo (o crediamo di essere), quale immagine gli altri ricevono da noi? e soprattutto: cosa vedono gli altri che noi non vediamo?
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